Chi non vorrebbe leggere nella testa dei suoi clienti?

Chi non vorrebbe leggere nella testa dei suoi clienti?

Quale azienda non vorrebbe leggere nella testa dei suoi clienti per sapere se sono soddisfatti oppure no dei propri servizi o dei propri prodotti?

Purtroppo questo non è ancora possibile per cui la maggior parte dei Brand spende molto tempo e molti soldi nel monitorare i dati di vendita, alcune fanno sondaggi e altre utilizzano i mystery client; qualunque sia il metodo, la customer satisfaction è una delle asticelle più studiate, sviluppate e temute. Da essa dipende il destino dell’azienda stessa.

Tuttavia parliamo di percezioni perché la soddisfazione è un concetto soggettivo e assolutamente variabile da persona a persona. Per tradurre in numeri ciò che è intangibile occorre categorizzare alcune attività che possano aumentare nei clienti la percezione di soddisfazione nell’acquisto.

Un esempio lo trovate nella foto seguente che illustra, con una classifica di 10 punti, il modo in cui i Dealers ( prevalentemente multi-marca del settore Technologies ) tendono a potenziare la customer satisfaction partendo dal servizio offerto.

 

 

 

 

 

Nelle prime 3 posizioni, troviamo il prodotto ( sia esso gamma di modelli, marche o quantità) come ad indicare che per i Dealers il prodotto sia l’elemento fondamentale con cui si soddisfa il cliente. Chi ha avuto a che fare con la forza vendita di una qualsiasi azienda sa bene quanto sia reale questa percezione all’interno dei Brand. Pare che il prodotto sia il Re, da esso dipendono oneri e disonori insieme ovviamente al prezzo. Siamo ancora in una prospettiva prodotto-centrica nata qualche decennio fa.

Nella colonna a fianco si legge invece una classifica generale di come viene percepita la soddisfazione dai clienti-consumatori. Nelle prime 3 posizioni si trova la parola ridondante “personale” quindi tutto ciò che concerne il rapporto umano, la relazione, con lo store staff. Si parla di: attenzione, gentilezza e competenza ; attività che vengono menzionate dai Dealers solo al 5°, 8° e 9° posto.

Per il cliente, il prodotto è un fattore messo al secondo posto ( 7°, 8° e 10° posto) rispetto all’importanza di incontrare del personale vendita che abbia a cura soprattutto lui, cioè il cliente stesso.

Sembra dunque che le classifiche siano inversamente proporzionali, per usare un termine matematico. Ma questo non stupisce molto al contrario conferma alcune tendenze ancora molto usate dalle aziende che commerciando nel settore B-to-C.

Ancora oggi, si punta troppo poco sulla formazione del personale, e non intendo quella tecnica ma sulla formazione comportamentale cliente-centrica.  La sfida oggi non è su quanto HO in negozio ma su quanto tempo il mio cliente rimane in negozio e quante volte ritorna. Questo aspetto può essere potenziato solo e soltanto investendo con varie attività formative sul proprio personale di vendita, sui capi area, sullo store manager e su tutte le figure commerciali che lavorano intorno al cliente.

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