La felicità è un must have!

La felicità è un must have!

Siamo sicuri di sapere cos’è la felicità?

In questo periodo sul web c’è molto molto interesse per un tema che fino a pochi anni fa era relegato alla spiritualità o alle discipline olistiche: la felicità, sacro gral di ogni essere umano.

Ho seguito con curiosità molte discussioni e letto parecchi articoli sul tema e ciò che mi ha impressionata è la tendenza a “vivere” questo stato dell’essere come una strategia vincente nel mondo lavorativo. In un articolo, nello specifico, si parlava dei n.6 step per essere felici e avere successo come se fosse una ricetta che, se seguita nella sua interezza, produca un risultato produttivo e di performance garantendo di stare un passo avanti a tutti.

Credo che , come molte onde tematiche e di business, questo movimento della felicità sia simile a un must have! come quei capi d’abbigliamento che fanno moda e che servono a farti sentire un uomo/donna di tendenza.

Credo anche che ci sia una forte confusione sul tema e che venga venduto, spesso, come un sotto prodotto del famoso “pensiero positivo” che ha fatto tanti soldi quante “vittime“.

Il motto del “pensa positivo” e il surrogato dell’infelicità infiocchettata

Il pensiero positivo di mass marketing e dell’editoria self-help è come il vestito di arlecchino composto da diverse pezze di stoffa che rappresentano metaforicamente diversi principi e idee di varie discipline, anche orientali, che sono state unite con un tagli e cuci spesso poco efficace. Quando sostengo che il pensiero positivo ha fatto vittime intendo vittime di frustrazione in quanto, alla base del meta-messaggio di questo filone di pensiero capitalista, c’è un messaggio molto scoraggiante che potrei riassumere così “Devi essere felice di ciò che hai e di ciò che c’è nella tua vita perché questo è possibile, il tuo cervello crea la realtà e quindi sei in grado di auto-produrre felicità. Ciò che hai l’hai creato tu, se non ci riesci significa che non ti stai applicando abbastanza“.

Questa trappola invisibile si insinua nel nostro inconscio producendo e rafforzando un doppio vaccino contro la felicità; è facile infatti cadere nel tranello di pensare che la nostra infelicità è la prova della nostra incapacità ( o peggio incompetenza) nel vivere la vita sempre con il massimo ottimismo e che quindi sia la prova dei nostri errori o addirittura sia una colpa perché il messaggio è che “devi essere felice” ad ogni costo come un comandamento dove tutte le altre emozioni , che creano la vita di ogni essere umano, siano bandite dalla tua giornata. E quindi nasce un allegro miscuglio di colpevolezza e senso del dovere che ci mette sotto pressione.

Le convinzioni del pensiero positivo in azienda

Questo modello cognitivo indotto è palpabile anche in azienda, mai sentite le frasi ” Non esistono problemi, esistono solo soluzioni“? questa frase è il concentrato perfetto di un modo molto semplicistico di pensare la vita. Ho perso il conto di quante volte l’ho sentita pronunciare e, ogni volta, mi chiedevo se la persona che stava parlando fosse consapevole realmente del messaggio che stava e si stava inviando.

Ora, sostenere che non esistono problemi ma che ogni cosa è già risolta e che essa dipende solo dalla volontà degli individui è un modo irrealistico ma molto efficace per creare frustrazione e senso di colpa e moltissime aziende hanno, in Italia, ancora una cultura aziendale impostata sul giudizio-> colpevole. Quindi sostenere dei percorsi di felicità indotta e richiesta rientra pienamente nella dinamica culturale “Ti dico cosa devi fare perché così produci meglio e di più“. Ma avremo modo di tornare su questo argomento nei prossimi articoli.

La felicità e la psicologia positiva

In uno degli ultimi articoli letti, l’autore sosteneva che si poteva diventare felici grazie ai segreti della psicologia positiva ( badate bene ai termini utilizzati) . Sicuramente l’autore era un esperto di marketing ma un pessimo conoscitore della psicologia positiva, che ben poco ha a che vedere con questi messaggi.

Credo sia utile a tutti noi fare una breve ma concreta introduzione ai principi su cui poggia la psicologia positiva.

Questa disciplina si occupa di n.3 aree di vita:

  1. I bisogni dell’essere umano
  2. i valori; vedere la grandezza di ogni essere umano, già perfetto in sé e che può generare e fiorire
  3. i punti di forza; no ottimismo forzato ma focus sull’incremento delle risorse che uno ha

I suoi principi si poggiano sulla necessità di sentire il negativo e il positivo, quindi sentire tutte le emozioni senza temerle, per poter creare un equilibrio dinamico tra eventi negativi ed eventi positivi. Il benessere è dunque una danza tra il positivo e il negativo, tra il + e il -., spingendo ognuno a vedere se stesso per la sua unicità e non per la media rispetto a qualcos’altro. L’altro principio si poggia sul concetto che nessuno ha bisogno di soluzioni esterne nella propria vita ma accede alle proprie risorse interne.

Come vedete non ci sono step miracolosi e tutto si poggia sull’essere e non sul fare qualcosa per provare felicità.

La felicità

Sono lungi da poter parlare di questo argomento con sicurezza e competenza, tuttavia citerò una frase di di Cyrulnik che credo riassuma bene un concetto così misterioso “La felicità si elabora e il dolore si elabora pure. E’ una impalcatura; ogni piano è fondamentale. Si tratta però di un processo dinamico“. La felicità non è un’idea ma una consapevolezza e questa cresce in noi non attraverso il pensiero ma attraverso ciò che conosciamo mentre facciamo esperienza.

Non si può insegnare a sentire la felicità, non si può formare un pensiero ma si può imparare ad osservare con più attenzione la propria vita.

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