Le cose dovrebbero andare diversamente

Le cose dovrebbero andare diversamente

Quante volte sentiamo pronunciare queste parole?

Se concentriamo il campo di osservazione al contesto lavorativo, spesso sentiamo colleghi e collaboratori pronunciare frasi come “E’ l’azienda che dovrebbe ….”; “Finché l’azienda fa finta di niente….” , “L’azienda dovrebbe provvedere a…”.

Molto frequentemente in aula sento partecipanti iniziare discussioni partendo da queste frasi e sono solita rispondere con una domanda “Mi aiutate a capire CHI è l’azienda?”.

E’ sorprendente quanto una semplice domanda lasci la maggior parte delle persone con qualche secondo di attesa, quasi a cercare a risposta.

L’obiettivo di questa domanda non è certo quello di mortificarli o non considerare il loro disagio ma quello di comprendere il loro punto di vista: cos’è, chi è quest’azienda? una partita IVA registrata alla camera di commercio?

E’ un ottimo punto di partenza per parlare di quella che considero una delle convinzioni più limitanti nel mondo aziendale: le cose dovrebbero andare diversamente.

La pozione magica di questa convinzione limitante

Alla base di questo pensiero c’è una forte credenza che parte dall’idea che ci sia una certa ingiustizia nel mondo, nella vita. che le persone si comportino in modo sbagliato, che le cose non vadano come dovrebbero; tutto questo produce una forte sfiducia nel mondo che ci circonda. Quando si attiva il sentimento di sfiducia, il nostro mondo interiore si alimenta di paura che ci fa focalizzare solo su alcuni aspetti e deforma gli avvenimenti

Tutto si poggia sulle nostre aspettative che, se vengono smentire con comportamenti diversi da quanto riteniamo giusto e corretto, si trasformano in forti pensieri di giudizio e critica.

Alla base di tutto c’è una sorta di immutabilità delle cose e delle situazioni che genera una forte frustrazione nei più piccoli cambiamenti.

Un’esperienza diretta: il cambio d’ufficio

Tempo fa, quando lavoravo per un ente pubblico, mi fu chiaro questo meccanismo di auto-distruzione. Un gruppo di impiegati amministrativi si lamentava da tempo di non avere un ufficio adeguato al loro lavoro: spifferi in inverno e temperature afose in estate, mancanza di tapparelle per proteggersi dalla luce, muri troppo fini per garantire il silenzio e bagni troppo lontani. Per mesi queste 4 persone portavano regolarmente la questione in Direzione finché, un bel giorno, furono cambiati d’ufficio. Il nuovo locale rispondeva alle esigenze richieste ma , nonostante tutto fosse stato migliorato di molto, convertirono le loro lamentele su altri aspetti: siamo troppo lontani dalla Direzione, i bagni sono troppo vicini, le macchine per il ristoro sono al piano terra. Mi chiesi perché non fossero soddisfatti della nuova soluzione e uno di loro mi rispose “L’azienda non ci capisce, non valorizza il nostro lavoro e ci ha dato solo un contentino”.

Con il senno di poi, capii che non era una questione logica ma bensì emotiva e tutto questo si basava su un loop che si auto-alimentava di insoddisfazione generale per la Vita, in senso più ampio del termine.

La sfera di coinvolgimento e la sfera di influenza

Questi dipendenti vivevano costantemente nella sfera di coinvolgimento ossia in quello stato mentale per cui sono convinto di subire dall’esterno ogni tipo di situazione. Ovviamente questo preclude la capacità di vedersi “in azione” o meglio in co-creazione con il mondo circostante. Un punto di vista di questo genere alimenta fortemente la convinzione “Le cose dovrebbero andare diversamente”. Al contrario, spostarsi nella sfera di influenza presuppone un apertura al mondo che prevede il mio libero arbitrio nell’agire, nel pensare e nel modificare la situazione in cui sono coinvolto. Non significa sistemarla ma significa avere il potere di influenzarla per soddisfare i miei bisogni.

Ci si può allenare alla sfera di influenza?

Ovviamente si con la consapevolezza che un corso di formazione non è la soluzione vincente in casi del genere. Uno strumento molto efficace è sicuramente il team coaching e il metodo della gestione dei conflitti proposto dalla CNV ( comunicazione non-violenta) nel quale è possibile esplorare i propri bisogni e quelli altrui. Non si lavora sulla strategia comportamentale ma sul grado di soddisfazione dei bisogni universali che accomunano tutti gli esseri umani.

Per cambiare un mind-set del genere occorre lavorare sulle convinzioni che si trovano a un livello di consapevolezza molto più profondo del pensiero corticale.

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Grazie e buona giornata

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