E neppure un grazie

E neppure un grazie

“…e neppure un grazie!”

Chi lavora in aziende fortemente competitive conosce bene questa espressione. Molto spesso è uno sfogo detto tra i corridoi con i colleghi o quando si rientra a casa e ti senti chiedere “com’è andata la giornata?”.

Se le persone si limitassero a “fare” ciò che è scritto nel proprio contratto di lavoro o nella job description del proprio ruolo, probabilmente le aziende si troverebbero ancora più in crisi di quanto è evidente oggi. E’ sempre stato così, è una regola non scritta che si chiama impegno personale.

Anni fa una collega mi disse una frase che mi impressionò molto “Sai come si motivano le persone? …con i complimenti!“. Negli anni successivi, quando mi ritrovai a gestire un team di persone in Nokia Academy, utilizzai questo principio per ogni attività che svolgevo insieme ai miei colleghi e pretesi che loro facessero altrettanto. Ero consapevole che spesso gli obiettivi assegnati erano difficili da raggiungere per risorse, tempi e attività ma ero anche altrettanto consapevole che il mio team metteva in gioco il  massimo dell’impegno personale possibile e questo ci portò negli anni a diventare la Best Nokia Academy europea. L’impegno personale è un impegno volontario (che non può essere preteso contrariamente a quello che si pensa) che può portare a dei costi personali a volte molto alti, sottraendo energie che dedicheremmo ai momenti privati e familiari per investirle nel lavoro.

La cultura del mio team si poggiava sul “grazie”, non meccanico e formale, ma sul riconoscimento e sulla gratitudine sincera. Mai nessuno sforzo passava inosservato, mai nessuna richiesta era scontata, sia tra di noi che verso i clienti interni ed esterni di Nokia nonostante il contesto in cui lavoravamo ( in outsourching) non rispecchiasse questa modalità. La parola “grazie” era scritta all’interno della firma delle mail e lì , spesso, si concludeva.

I risultati che vi sto descrivendo sono stati il frutto di un lavoro quotidiano impostato sulla cultura del rispetto lavorativo ma prima ancora del rispetto personale che l’unico ingrediente che motiva realmente le persone. Provate a immaginare se a fine giornata il vostro capo venisse lui/lei nel vostro ufficio e vi dicesse “Sai ho letto il tuo lavoro ed è ottimo! complimenti! so che hai lavorato duramente e per questo ti ringrazio. Ci tenevo a dirtelo di persona” ….come vi sentireste?. Bene, senza dubbio, perché siete stati riconosciuti, vi è stata comunicata stima e apprezzamento. Questi sono ingredienti che non si ottengono con un bonus economico, ve lo posso garantire. La motivazione si poggia sul riconoscimento della persona, non di ciò che ha fatto ma di ciò che ha dato.

Oggi sono a capo di una società di consulenza e mi trovo ad entrare in aziende di diversi settori e diverse grandezze dove spessissimo mi viene chiesto di “fornire il metodo di leadership e giusta gestione dei collaboratori” come se fosse una formula matematica che ovviamente non può esistere quando si parla di esseri umani. Ogni volta che entro in aule di questo tipo la risposta che ricevo dalle persone è la medesima: ” questo corso lo dovrebbe fare il mio capo che non dice mai un grazie“; “siamo scontati“; ” non si mettono mai nei nostri panni“; “noi aggiustiamo le cose e mai un grazie” …

Vari studi di psicologia del lavoro hanno evidenziato che *”il 65% dei lavoratori  non si sente apprezzato e che in meno del 30%dei casi viene espressa gratitudine nei confronti dei colleghi e ancor meno nei confronti dei capi che, per altro, solo raramente assumono questo stile relazionale.”

Se capi, direttori,  manager e team leader attuassero nel quotidiano la prassi della gratitudine si risolverebbero molti dei problemi conflittuali e di produzione con il risultato che le persone sarebbero, non solo più motivate, ma anche più sane e felici. **”Per esempio, per chi riceve gratitudine, si è messo in evidenzia come ci siano un miglioramento del benessere emotivo, la riduzione di percezioni di stress, di pensieri negativi e di ostilità, lo sviluppo di relazioni di fiducia e di comportamenti altruistici”.

C’è un ultimo aspetto che vorrei evidenziare e che , per quanto mi riguarda, è il più fondamentale di tutti.

La gratitudine, oltre a essere gratuita, è contagiosa. Se iniziano noi per primi a dimostrare gratitudine verso un collega o un collaboratore,  senza timore di esporci o sentirci deboli ( come spessissimo accade), avremo in risposta gratitudine perché quando riconosci l’impegno di un altra persona automaticamente lei si sentirà libera di restituirtela. Se pensate che potrebbe non accadere con tutti, voi insistete e state a vedere cosa accade.

Grazie.

* , ** tratto da l’articolo “Perché non dire almeno un grazie?” di Guido Sarchielli, dipartimento di psicologia, università di Bologna – Psicoscopio, psicologia contemporanea n. 250.
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