22 Ago Come su un trapezio
“Alle volte, io credo che la mia vita è fatta di una serie di trapezi e che io, a volte, mi mantengo in uno e mi dondolo in aria e , altre volte, sto in aria tra i due trapezi.
Passo la maggior parte del tempo appendendomi al trapezio del momento per aggrapparmi alla così cara vita. Ed esso mi porta in questo dondolio che mi sembra sicuro e , per attimi, ho l’illusione di avere il controllo della mia vita. In questa occasione, io conosco la maggioranza delle domande giuste e anche alcune risposte. Ma, a volte, mentre mi sto dondolando allegramente (o non tanto …) sul mio trapezio, guardo a distanza e -cosa vedo?- un altro trapezio che viene in aria nella mia direzione. E’ vuoto. Ed io so, dentro di me, che questo nuovo trapezio ha il mio nome scritto. E’ la mia prossima tappa, la mia crescita, la mia vita che viene a riscattarmi.
E, nel centro del mio cuore, io so che per crescere ho bisogno di lasciare la mia mano dall’attuale trapezio per potermi aggrappare al prossimo.
E ogni volta che questo mi accade, io spero (anzi supplico!) che non debba aggrapparmi al nuovo trapezio. Ma dentro di me so che devo lasciare completamente quello vecchio e che, per alcuni momenti, devo restare sospeso nello spazio fino a raggiungere l’altro. E, ogni volta che questo succede, resto totalmente atterrito e neanche mi ricordo che nelle volte precedenti in cui sono rimasto appeso in pieno spazio sconosciuto, mi è sempre andato tutto bene.
Ogni volta penso che cadrò e scomparirò nell’abisso invisibile e senza fondo che esiste tra i due trapezi. Ma ugualmente io mio lascio: e, forse, questo è quello che i mistici chiamano “esperienza di fede” – senza nessuna garanzia, senza nessuna rete, senza nessuna certezza – lo facciamo comunque perché, in qualche modo, restare aggrappati a quel trapezio vecchio non è più nella lista delle opzioni.
(….) io mi trovo in un vuoto sano dove il passato è andato via ed il futuro ancora non è arrivato.
Questo si chiama “transizione” ed ho le mie ragioni per credere che è l’unico posto dove accade un cambiamento. Voglio dire: un vero cambiamento! Non uno “pseudo-cambiamento” che dura fino a che qualcuno calpesti i miei calli.
Questa zona di transizione è considerata, nella nostra cultura, come “niente” o “nessun posto” in mezzo allo spazio. Con certezza l’antico trapezio era reale e questo nuovo che arriva nella mia direzione – io spero – sia anche reale. Ma lo spazio tra i due?
Certamente non è “nessun posto” spaventoso, confuso e disorientante che deve essere attraversato il più rapido e più inconsapevolmente possibile!
Che speco sarebbe!
Io ho un forte sospetto: che questa zona di transizione sia l’unica zona reale e che i trapezi sono illusioni che noi abbiamo per evitare il vuoto, dove il vero cambiamento e la vera crescita avvengono.
Se il mio sospetto sia vero o no, il fatto è che queste zone di transizione nelle nostre vite sono spazi incredibilmente ricchi che dovrebbero essere rispettati e anche assaporati”
Tratto da “Imparando con la crisi:l’arte della trasformazione” di Guru Dev Singh (nato in Messico nel 1948 ) – estrapolato dal paragrafo “Paura della trasformazione”.
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